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Il Conte Giovanni
Benedetto Sangiovanni (parte 2)
di Anna e Cosmo Schiavo

Liverpool: l’Italian Refugee Organization

Sulle prime Susanna non capì il senso del trasferimento a Liverpool, il porto principale d’Inghilterra, sulla riva orientale del fiume Mersey: 223.00 abitanti, banchine e capannoni, povere case e stradine da una parte, dall’altra ampie strade asfaltate, illuminate a gas, grandi piazze.

Scelsero una casa elegante in mattoni, con il tetto di ardesia, munita di ogni confort, aperta a tutti gli amici dei rifugiati che venivano dall’Italia e dalla Francia.

Benedetto, visti i notevoli progressi nella conversazione, si era rivolto ad insegnante di lingue, che potesse potenziare le conoscenze dell’italiano e del francese di Susanna, che si aspettava di fare da interprete, ma era presa dalla cura della famiglia. Il suo compito era quello di essere ospitale, ma di non tenere un comportamento troppo familiare.

La frequentazione di tante persone, infatti, accendeva la gelosia caratteriale di Benedetto, tanto da sfociare in accuse e scatti emotivi.Benedetto spesso si allontanava di casa. Indossava il suo vestito migliore e partiva. Non si sa per dove.

Manco a farla apposta, durante questi periodi di assenza, la giovane donna leggeva sui giornali di qualche attentato o colpo di Stato in Italia, Francia e Spagna. Sospettò che ne potesse essere coinvolto.

Così ci descrive il marito:

Il suo carattere era un misto curioso: talvolta gentile e simpatico, a volte geloso e sospettoso fino all’inverosimile. Aveva un temperamento irascibile. Posso sinceramente dire di lui come Polidori disse del conte Alfieri: orgoglioso come il Satana di Milton, collerico come l’Achille di Omero. Mi auguro che tu (n.d.r. lettera al figlio Gugliemo) ricordi alcuni dei capricci del suo temperamento quando egli distruggeva le sedie, gettava i piatti nel camino e stracciava i suoi fazzoletti. Era geloso di ognuno e di ogni cosa, davvero un terribile tiranno.

Benedetto la rassicurava del suo amore, le ripeteva che la prima moglie era morta da diversi anni. Mentiva! Susanna scoprì dalle lettere di suo padre e dei suoi fratelli che era ancora in vita e che la madre non piaceva alla famiglia Sangiovanni. La famiglia era disposta ad allevare il bambino, ma, nel contempo, cercava di farla andare in un convento.
Giosuè si era rivolto, anche se con poche speranze, al re di Napoli per perorare la causa di un ritorno del fratello nel paesello natio.
Scoprì anche, Susanna, una lettera che le sconvolse la vita: una lettera del figlio, militare ad Algeri con l’esercito francese, che, anche a nome della madre, sollecitava accoratamente il suo ritorno in Italia.
Il giovane nel 1826 aveva vissuto per tre o quattro anni a Londra con il padre; poi si era trasferito in Francia per arruolarsi nell’esercito francese per la campagna di Algeri. Nel 1848 lo troviamo impegnato in Italia nei moti insurrezionali, inviato a Laurino da Leonino Vinciprova a trattare la resa per evitare inutili spargimenti di sangue. Non lo aveva dimenticato il padre, tanto da cedergli, agli inizi degli anni ‘20, più della metà dei beni che possedeva a Laurino. Nel 1860 è insieme con Garibaldi, aiutante maggiore di prima classe nella divisione Avezzana. Sembra che sia morto suicida. Fu padre di Roberto, il medico personale di Garibaldi, che nel 1881, per una grave malattia, scese a Napoli per consultarlo.

Dopo poco disse alla moglie che avrebbe dovuto recarsi a Genova. Era inquieto. Susanna s’insospettì, chiedendogli il consenso di partire per l’America con Sanjo. Un’esplosione di collera inaudita! Pianse di collera. Uscì infuriato, rientrando a metà pomeriggio, tra le mani, pentito, un filo di perle, manifestandole immutato amore e affermando, deciso, che non le avrebbe permesso di lasciarlo. Se lei non voleva che andasse a Genova, ebbene, sarebbero rientrati a Londra. Aveva capito che lì era stata felice.
Non aveva una sterlina, Susanna. Non sapeva come poter andare in America. E, poi, come avrebbe potuto, da sola, provvedere al figlioletto!

Andò a letto. La sua mente era in subbuglio. Pregò. Scivolò in un sonno inquieto. Sognò di trovarsi in Italia in una casa splendida con ogni genere di lusso e di confort. Una donna strana appariva e compariva dalla sua stanza, Avvertiva che volesse strapparle la vita sua e quella del suo figliuolo. Si sentiva soffocare. Avvertì la morte che scendeva su di lei. Si svegliò di soprassalto, rendendosi conto che era stato solo un brutto sogno. Si addormentò di nuovo, profondamente depressa. Si trovò in una città familiare, ma i suoi amici sembravano svanire. Volse lo sguardo verso un luogo familiare, scorgendo un gruppo di persone che attorniavano un uomo con un libro aperto tra le mani. Le sembrò che l’oratore le si rivolgesse direttamente, che l’avrebbe aiutata, che si sarebbe salvata se avesse ubbidito

Al risveglio trovò un mattino radioso, i primi raggi del sole che illuminavano le cime degli alberi e gli uccelli che cinguettavano gioiosamente.

Domenica del Signore, 30 agosto 1840 : il sogno diviene realtà

Stava passeggiando con Sanjo, quando sentì il meraviglioso suono di una musica religiosa. Si avvicinò al parco di Old Street, riconoscendo perfettamente il luogo del suo sogno: Tabernacolo Square.
Una grande folla ascoltava attenta un uomo con un altoparlante e un libro aperto tra le mani. Era stupita nel vedere la scena del suo sogno esattamente come era apparsa qualche mese prima. I predicatori erano gli stessi, esattamente gli stessi: Wieford Woodruff e Heber C.Kimball. Parlavano di S.Paolo, del Vangelo, di Joseph Smith, il grande profeta, che Dio aveva suscitato nelle terra d’America. Le parole le trafissero l’anima. Sembrava che stesse parlando direttamente a lei. Molti gli avvicinarono alla fine del sermone, per saperne di più, per parlargli, per confessare le proprie pene, i sogni, i desideri. Facendosi largo tra la calca, riuscì a raggiungerlo, a parlargli. Gli chiese esplicitamente di battezzarla alla nuova fede. Parlane prima con tuo marito – le rispose cauto il missionario. Lei gli spiegò la situazione. Prega e interroga la tua coscienza – a sua volta l’anziano padre.

La settimana seguente si recò, con Sanjo, a Tabernacolo Square per sentire predicare gli Anziani. Al rientro Benedetto le chiese dove fossero andati. Sanjo - aveva cinque anni - si lasciò scappare la verità e gli parlò dei missionari americani. Divenne, come al solito, una furia. Sono degli imbroglioni – tuonò. Leggi, leggi che dicono di loro. Tanta gente è stata lasciata in condizioni d’estrema povertà dopo averli seguiti, mostrandole alcuni giornali.

Fine settembre 1840

Heber C.Kimball e George A.Smith si presentarono a casa Sangiovanni per consegnare a Susanna una lettera dei genitori. Le dicevano della loro conversione alla fede mormonica dopo aver ascoltato una predica di Parley P.Pratt, invitandola ad ascoltare e ad aver fiducia nei missionari. Le lasciarono un volantino con le date delle prossime riunioni comunitarie.
Benedetto, intanto, per tutto l’inverno, era stato a lungo ammalato. Susanna era costretta a rimanere in casa. Il contatto con la Chiesa avveniva tramite lettere e visite. Scriveva agli Anziani di informarla su qualsiasi argomento che non capiva. Rispondevano sempre con puntualità.

Il 3 dicembre 1840 Kimball scrive a David White Rogers, il padre di Susanna, informandolo di essere andato a trovare la figlia e che la stessa gli aveva nuovamente manifestato il desiderio di essere battezzata. Lo informa delle attività dei numerosi missionari presenti in Inghilterra e della bontà del loro operato. Sarrebbe andato di nuovo a rivedere la figlia. Oramai una vera e propria corrispondenza clandestina si era instaurata con gli Anziani. Susanna, all’insaputa di Benedetto, riceveva lettere intestate ad una signora Glaschier, ad un indirizzo stabilito.

I missionari continuano ad informare David White Rogers che si sono recati diverse volte da Susanna, sempre ben accolti, tentando di persuadere Benedetto, che, pur mostrando interesse e cordialità, in risposta, si compiaceva nel raccontare le sue gesta.

Giorno dopo giorno il convincimento di Susanna si rafforzava: desiderava battezzarsi con tutto il cuore, scrive a Kimball delle turbolenze emotive che sta vivendo nel suo matrimonio e dei suoi desideri vanificati. Lo informa che il marito le ha riferito che decisamente non crede nella Bibbia.
Il padre, oramai, è esplicito: Mia cara figlia, sono molto dispiaciuto nel sentire che hai così a lungo ritardato l’unione con la Chiesa. Ora si sentiva felice, felice, indicibilmente felice!
La situazione sta precipitando. Si sente male perché il marito non la lascia battezzare. Riceve ancora gentilmente gli Anziani il 6 febbraio del 1841, ma dopo scarica tutta la sua rabbia sulla disperata giovane moglie, tentandone quotidianamente di sminuire la fede e l’amore per le Scritture. Il giorno successivo, domenica 7 febbraio, Susanna è battezzata. Guglielmo “Sanjo” lo sarà nel 1844, all’insaputa del padre, da Richard Margett. Sono a tutti gli effetti membri della Chiesa di Londra, Theobald Road Branch, presieduta da William Benson.

Nel settembre del 1844 Susanna viene a conoscenza dell’assassinio del profeta Joseph, massacrato da una folla armata.
Il 22 aprile del 1845 un fratello di Susanna, Charles A. Rogers scrive a Benedetto al n° 36 di Chapel Street di Liverpool, invitandolo a venire in America, dicendosi fratello e sincero amico e firmandosi Charly.

L’indirizzo dimostra che non aveva mai abbandonato la causa. Benedetto era diventato sempre più volubile e incontrollato, rifiutando agli amici della moglie di venire nella loro casa e vietandole la partecipazione alle riunioni della sua Chiesa.
Contemporaneamente si aggrava il suo stato di salute, decidendo di spostarsi per l’inverno a Brighton, altra città portuale.
Intanto i Mormoni, nella diaspora che segue alla morte del fondatore, sono cacciati con la violenza da Nauvoo, nell’Illinois, dove risiedevano. Susanna non riceve più notizie della sua famiglia.

Un bel mattino Benedetto lasciò la casa per uno dei suoi viaggi, dimenticando sul tavolo le chiavi della cantina, posta nel seminterrato. Susanna vi andò e trovò delle monete d’oro nascoste in un barile. Prese il necessario per fuggire; preparò due valige e scappò da casa con Sanjo in cerca dei missionari. Le dissero quale treno prendere per Liverpool e come imbarcarsi sulla nave in partenza per New Orleans. Aveva 33 anni; Benedetto 65.

S’imbarcò, con il figliuolo, a Liverpool il 16 settembre del 1846, sulla nave a vela Ashland Boston, comandata dal capitano Williams, anche medico della nave. $ 50 per lei, $ 40 per il ragazzo, più di un milione delle vecchie lire, una fortuna. Giunsero a New Orleans a novembre insieme con altri 400 mormoni provenienti da tutto il continente europeo, specialmente dalla Svizzera, per poi proseguire sul Rover Mississipi verso San Louis.

(continua)

 

 

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