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Cosma da Laurino
Il mistero di Cosma
di Bruno Durante

Confesso, Cosma mi aveva intrigato da tempo. Fino al punto da diventare una ossessione, quasi. Parlo, naturalmente di Cosma da Laurino , “ capostipite di ottimi scultori a Roma che vanno ricordati con il nome di Cosmati”. Così lo definiva il Pecori fra i laurinesi illustri.

Passando a descrivere la chiesa di S. Biagio, lo stesso autore definiva come “molto antica” la predella lignea collocata ai piedi della Pietà di Arnoro di Padula del 1606. Su tale predella erano rappresentati, in mezzo, l’Ultima Cena, a sinistra, la cattura del Redentore con S. Pietro che taglia l’orecchio a Malco, a destra, la scena della Crocefissione. Sulla predella sarebbe stato scritto “Me fecit Cosma de Laurino”, senza data.

Ora, a parte l’accostamento molto avventuroso con i maestri cosmateschi, probabilmente indotto dalla omonimia del Nostro con molti esponenti di quella scuola, tutti con nome Cosma, molte domande si affacciavano.
Chi era questo pittore dalla biografia sconosciuta, né citato in alcun testo d’arte? Era esistito davvero o era una delle tante favole messe su da qualche ecclesiastico erudito e tramandate nei tempi, senza alcuna verifica?

Per intanto, per prima cosa, c’era da esaminare la tavola. Riuscito, dopo molti tentativi, ad entrare in S. Biagio, da tempo sbarrata a catenaccio, dopo l’infausto terremoto del 1980 ed un abortito tentativo di restauro, trovai solo calcinacci e desolazione. Di quadri e statue neppure l’ombra. Dove erano finiti? Nessuno ne sapeva nulla. Anzi dalle risposte emergeva un che di reticente e rassegnato. Sicuramente, approfittando dell’ammuìna, qualcuno, laico o religioso, se le sarà sgraffignate. Tutto normale. Mi ero quasi arreso, quando parlando casualmente con Vincenzo Bollettino, sindaco pro tempore, la nebbia si schiarì. Le opere d’arte di S. Biagio erano state prese in consegna dalla Sovrintendenza ai Beni Culturali e portate prudenzialmente all’ “ospedale” di quadri e sculture della Certosa di Padula per essere custoditi ed eventualmente restaurati. Una notizia magnifica.

Ora c’era da affrontare la burocrazia dei Beni Culturali. Ci misi tre o quattro mesi buoni per accedere al sancta sanctorum dei depositi di Padula dove giacevano decine di migliaia di opere d’arte disastrate di tutto il Cilento. Nel frattempo, in uno dei miei vagabondaggi per ruderi, conventi e musei, mi capitò di visitare ad Altomonte in Calabria, la chiesa di S. Maria della Consolazione, di un bel gotico angioino. Di fianco all’altare maggiore vi era posta una magnifica campana bronzea con sculture in bassorilievo ed una scritta in latino che così diceva “ Nell’anno del Signore 1336…..Cosma de Laurino mi costruì”. Il cuore mi fece letteralmente una capriola e forse da allora dà ancora i numeri. Il nostro Cosma non solo era esistito, ma si poteva anche collocarlo in un’epoca circoscritta e fra l’altro era stato anche rinomato fonditore di campane, al punto da essere chiamato in Calabria dal nobile feudatario Filippo Sangineto. Tutto bene.

Si trattava ora di visionare la famosa predella a Padula per avere conferma o meno che Cosma l’avesse dipinta. E finalmente l’autorizzazione arrivò. L’emozione era grande. In mezzo a quel cimitero di statue decollate, tele squarciate, gambe, teste e braccia di gesso disseminate dappertutto, come una trincea bombardata, la gentile direttrice mi portò al settore di Laurino. Lì c’erano quadri e statue di S. Antonio, la bellissima Pietà di S. Biagio, le stazioni della via crucis e coperta da un panno la predella. Quando la curatrice alzò il telo, il tempo si fermò, il velo di mistero si dissolse e… non era Cosma.
La tavola era quella, la narrazione della scena descritta da Pecori era esattamente quella, ma le figure erano in costume e armature tardo cinquecentesche e lo stile tardomanierista non lasciava dubbio. E non c’era naturalmente la scritta “Cosma me fecit”. Era insomma un’opera di fine ‘500 o inizio ‘600, probabilmente dello stesso Arnoro di Padula autore della Pietà. Comunque bellissima.

Ma allora da dove derivava la tradizione che voleva Cosma presente in S. Biagio con sue opere? Il tarlo del dubbio scavava ancora. Assieme a Mino Schiavo decidemmo di fare un nuovo sopralluogo e vedemmo qualcosa. Sul lato destro della chiesa i lavori di restauro per eliminare le infiltrazioni di acqua avevano lasciato a vista, da uno squarcio, una seconda parete. Su questa, molto deteriorati, apparivano lacerti di affresco rappresentanti una madonna, S. Pietro Martire e un altro santo a metà, di indubbia fattura trecentesca. Ne restammo sbalorditi e affascinati. Vuoi vedere che questo è il Cosma che cercavamo? E che sia lo stesso autore degli affreschi nascosti nella sacrestia di Ognissanti? E che a Laurino nel trecento il nostro Cosma avesse una sua bottega di pittore-scultore-fonditore, tanto famosa da portarlo ad operare anche in Calabria? Sono domande destinate a restare senza risposta. Noi per intanto, senza essere critici d’arte, diciamo di sì e come si usa per i pittori non documentati e senza storia, lo chiameremo “Il maestro di Laurino”.

POST SCRIPTUM
Sugli affreschi di S. Biagio, Mino Schiavo ha scritto una scheda critica finissima che ricostruisce la cornice storico-artistica in cui essi si collocano. Lo obblighiamo a pubblicarla in anteprima, su questo sito. Io mi sono limitato a raccontare l’emozione della ricerca e della scoperta. E per un motivo preciso. Esiste in questo sventurato paese nostro un amministratore, un mecenate, una diavolo di Sovrintendenza che comprenda appieno il valore dei tesori storico-artistici di Laurino? Se c’è batta un colpo.
Nel frattempo le opere d’arte di S. Biagio sono state restaurate. Aspettano solo di essere ritirate. Aspettano da più di 20 anni. Un museo civico sarebbe la loro sede ideale, Curia permettendo. Si accettano impegni concreti.

Si ringrazia Bruno Durante per l'articolo.

 

 


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