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Raffaele Marotta sulla Stimula - De La Chapelle


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Una Stimula de La Chapelle
Belle Époque a Laurino
Raffele Marotta, Francesco Matarazzo, Giuseppe Matarazzo, Ida Matarazzo
di Cosmo Schiavo

Si spaventarono tanto, nell’anno del Signore 1893, gli abitanti della vecchia Piratininga, un sobborgo alberato di São Paulo dalla magnifica vista, disseminato di aziende agricole.
Per la Rua Direita, l’Avenida Paulista, lo scoppiettante motore di una Daimler inglese a vapore, con caldaia, fanali e caminetto, alzava una polvere infernale. La prima auto, da quelle parti!

Al “timone”, fiero, l’ing. Henry Santos-Dumont. Ma guarda un po’ !– tra sé e sé – Antonio Prado, il Sindaco, mi vuole far pagare la tassa di circolazione, con queste strade!
Giela tolsero, la carta di circolazione, quei buzzurri! A lui, proprio a lui, laureato presso l’École des Artes et Métiers di Parigi. Al figlio prediletto Alberto, padre dell’aviazione, profondo conoscitore di fisica, meccanica ed elettricità, tra i primi piloti d’auto, amico di Thomas Edison, era toccata una delle prime Peugeot a benzina. Andarono a prenderla insieme, a Parigi.
Di fronte, al n°43, una grande casa di stile neoclassico, inaugurata nel ’96. Nella foto ricordo un uomo alto (mt.1,83 per 83 Kg. di peso), dai baffi neri e lucidi, con la testa calva, lo sguardo un po’ da sparviero, circondato dai suoi 13 figli.



Francesco Matarazzo e famiglia

Francesco Matarazzo da Castellabate, l’imperatore industriale del Sud-America del XX secolo, gran simpatizzante del fascismo, Conde, poi, dal 1917, per manifesti meriti imprenditoriali e per espressa volontà di Sua Maestà il Re Vittorio Emanuele III.

Poteva mancargli un’auto di lusso? La targa? L’ambita P-1, la placa n°1 de São Paulo, proprio quella spettante al testardo Henry Santos-Dumont. Ma riuscì a portarla per le lunghe, fino al 1903.

Francesco Matarazzo e famiglia su Panhard Chapa 1
Poi ebbe una Isotta Fraschini, una Packard, una Rolls-Royce Phantom I.

Doveva averle probabilmente conosciute, le foto, e più di una volta ammirate, don Raffaele Marotta da Laurino, il Cavaliere.
L’obiettivo aveva già segnato il suo destino. Sognava la France, dal rozzo borgo natio, la Ville Lumière, l’ Avenue des Champs Élysée, i salotti liberty, l’haute couture, le gare automobilistiche, le Moulin Rouge, l’art nouveau, il simbolismo francese, insomma la Belle Époque. Mais oui!

Fu lei, proprio lei, quasi sicuramente, a stimolarlo.
Ida, una giovane molto bella, rientrata in Italia da Porto Alegre, per studiare, in uno dei più famosi collegi romani, per imparare il francese, per amare i cavalli e l’equitazione. Una mademoiselle, una vera e propria mademoiselle, figlia di Giuseppe, fratello minore di Francesco Matarazzo.
E per lei, e per se stesso, un’auto francese, raffinata, con portafiori di cristallo: una Stimula-De la Chapelle torpedo, prodotta in serie limitatissima dal 1908 al 1914.

Stimula, l’italica Semele, una grand mère italica, figlia di Cadmo e Armonia, madre di Bacco Liber, stimolatore di desideri, della raffinata voluttà, eccitamento e sprone, movente, motivo ed impulso, proprio come nella splendida raffigurazione di Gustave Moreau (1826-1898), interprete, in chiave neoclassica, della mitologia greca, in un tripudio di ghirlande e di fiori.


Gustave Morea (Giove e Semele, 1895


...non senza il richiamo profumato di un'elegante competizione erotica.

Che strana la vita! I francesi s’impadoniscono, con ammirazione, di un simbolo della classicità greco-romana, un po’ trasteverina; les Italiens aspirano ad immergersi in un mondo culturale transnazionale, prevalentemente transalpino, ma globalmente mitteleuropeo. Nient’altro che la belle Époque.
La vide, probabilmente, in quel di Lione, a Saint Chamond, importante distretto industriale metallurgico e siderurgico, dove la raffinatezza era di casa tra i fratelli De la Chapelle, piccoli costruttori di autocicli e d’automobili, d’antico lignaggio, non so se ultraconservatori e doverosamente reazionari, pensando alla sorte riservata dai rivoluzionari all’avo controrivoluzionario Jean-Edme-Xavier de La Chapelle, signore di Béarnès (1743-1795).
Uno dei loro amici più cari era Jules-Albert De Dion (1856-1946). Sì, proprio il conte De Dion, quello della Dion-Bouton, per intenderci, delle famose auto che dettavano legge, insieme alle tedesche di Karl Benz, sui circuiti tra fine ed inizio secolo. Un po’ ridicole agli occhi dei rustici padani della Fiat del grande Felice Nazzaro, che pur le contrastò, con alterne vicende. Poi vennero le Alfa Romeo e le Maserati e non ci fu più storia.
Che personaggio il Conte De Dion! Fama di gran seduttore, sanguigno ed irruento, acceso polemista, duelli sostenuti all’arma bianca come partite di ping-pong. Questo sì, un vero e proprio reazionario, dell’estrema destra conservatrice e cattolica, difensore intransigente dei privilegi aristocratici ed ecclesiastici.
Insomma, tutto donne, motori e politica.



Réclame dei cicli Stimula

Non era certamente un nazionalista, don Raffaele. Qualche tempo prima, correva l’anno 1907, l’Itala del Conte Scipione Borghese le dette di santa ragione, nel raid Pechino-Parigi, alle de Dion -Buton. Arrivarono, forse, con il motore tra le gambe, con più di un mese di ritardo. Nessuno le aspettò.
Ma, allora, perché non un’Itala, don Raffaele?
No! No! Un’Itala proprio no!
, deve aver pensato. Eh, sì! Il confronto non era soltanto sportivo... però che impresa, quel radicale di Scipione Borghese.


Ma, in ogni caso, che cosa ci faceva, forse, il Cavaliere Marotta nei pressi di Lione?
Dovete sapere che la Société Lionnaise era la più importante appaltatrice, in Italia, di gas illuminante ( Firenze, Venezia etc). Necessariamente occorreva riconvertirsi, per non soccombere, all’uso dell’illuminazione elettrica e lì, con ogni probabilità, si discuteva di assetti e soluzioni. Fatto sta che anche nella piccola e remota Laurino le grandi manovre erano iniziate, forse prima del ’12. L’anno successivo fu stipulato il contratto trentennale tra il Comune e l’impresa Marotta Raffaele... et lux facta est.


Ma i capitali, i capitali?
Nessun problema. Raffaele Marotta era membro del Consiglio di Amministrazione della Banca di Salerno, il cui presidente era il Cav. Giuseppe Matarazzo (!). Di lì a poco sarebbe ritornato anche il potente Grande Capo dal Brasile, Francesco Matarazzo, che si sarebbe trattenuto in Italia per tutto il periodo della Grande Guerra, spero non per i meriti di produzione dell’olio di ricino São Jorge.
Quale garanzia migliore? L’amico di Guglielmo Marconi e, con ogni probabilità, di Sir John Fleming (1849-1945), il grande fisico ed elettrotecnico inglese, consulente scientifico della Marconi Wireless Telegraph Company, scopritore del bulbo elettrico, che va sotto il nome di valvola termoionica e che permise ad Edison di praticare le sue scoperte in materia d’elettricità. Dal 1881, in una decina d’anni, come consulente elettrotecnico di molte aziende municipali, aveva dato la luce a mezza Inghilterra.



Giuseppe Matarazzo, Maria Francesca Esteves Barbosa

e i figli : Mario, Giulio e Franceco

Ritengo che il Cav. Marotta fosse pienamente inserito nel circuito di conoscenza delle innovazioni tecnologiche, ma senza quell’auto, la Stimula, non avrebbe combinato granché.
Sì, il merito va tutto alla bell’auto dai portafiori di cristallo.

Poi nacque una delicata fanciulla.
Non a caso fu Flora, alla quale vanno questi miei pensieri insieme con la bella sua figliuola Adriana, amica cara di tanti giochi su quel terrazzo del Convento di S.Antonio in Laurino.

 

Si ringrazia Mino Schiavo per l'articolo e le immagini.

 


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