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Ofelio Vecchio

La Vergine del Rosario
in una foto del 1934 di Emilio Durante



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Gianvincenzo e Geronimo
I Consulmagno a Laurino
di Bruno Durante

A Laurino operarono due Consulmagno, esponenti della straordinaria bottega di artisti di Aquara di cui poco ci è stato tramandato. Nella preziosa cappella del Rosario, affrescata sulla volta da notevoli pitture forse di Paolo De Matteis, allievo a Napoli di Luca Giordano, Gianvincenzo firmò la tavola della Madonna del Rosario. La data è il 1579. Johannes Vincentius ConsulMagno Terrae Aquariae pixit Anno 1579. Sono passati otto anni appena dalla battaglia di Lepanto. Lì, di fronte alle coste del Peloponneso la flotta della Lega cristiana aveva sconfitto quella ottomana, si disse, per intervento della Vergine che, perciò, fu anche chiamata “della Vittoria”. Il pontefice Pio V istituì l’anno dopo la festa del Rosario.

In ogni chiesa per ringraziamento si costruì, sempre sulla destra, una cappella o un altare con la “cona” dedicata a Lei, la Madonna del Rosario. Il motivo iconografico di matrice domenicana, è quello della Vergine con il bambino sulla destra, che dona una corona a S. Domenico e a S. Caterina. Attorno alla Vergine sono riprodotti i 15 Misteri della vita di Gesù. Gianvincenzo aveva già realizzato una Madonna del Rosario a Sacco nel 1578.  A Roccadaspide dipingerà una Assunta nel 1586.

Geronimo, forse figlio di Gianvincenzo, intagliatore-scultore, realizzò, per parte sua, la bellissima porta della chiesa di S. Antonio. Sulla formella raffigurante San Ludovico di Tolosa si legge “Opus fecit M(agister) Hieronimus Consulmagno, terre Aquarie 1638”.


Particolare della tavola
foto C. Trotta

Sulla cornice della formella di S. Bonaventura è ancora specificata la data “20 maij 638”. Su altre 4 formelle sono rappresentati la Madonna Incoronata, S. Antonio con Bambino e giglio, S. Francesco che riceve le stimmate, S. Girolamo. Le ultime 2 formelle sono decorate con motivi floreali. Tutte sono scolpite in bassorilievo.

Una consolidata tradizione, testimoniata dal Di Stefano e dal Pecori, attribuisce a Girolamo anche lo splendido coro ligneo in S. Maria Maggiore. “Opera niente spregevole di Geronimo Consulmagno della Terra di Aquara” scrive il Di Stefano. In nessuna parte dell’imponente manufatto artistico è, però, segnata la firma dell’autore né la data di costruzione. Accettando l’attribuzione a Girolamo, il coro dovrebbe essere datato ai primi 3 o 4 decenni del 1600. Ma i dubbi non sono pochi.


Particolare del coro ligneo nella Chiesa dell'Annunziata
foto C. Trotta

Il primo motivo di sospetto è la presenza al centro del coro di una notevole cattedra cinquecentesca finemente incisa in bassorilievo con una scena della Psiche di Apuleio. Lo scultore è anonimo ma di riconosciuto livello artistico, pienamente partecipe della cultura rinascimentale. Seppure non organicamente incardinata nel resto del coro, la sedia abbaziale trasferisce qualche questione di datazione anche sul resto del manufatto.

Né d’altronde è spiegabile la presenza di un tronetto illustrato con un soggetto mitologico profano in una chiesa, se non con una realizzazione che sia anteriore al Concilio di Trento del 1545/1563. Là, come noto, la Chiesa limitò fortemente la libertà degli artisti, contringendoli a temi religiosi squisitamente controriformistici. Da allora in poi, niente stravaganze manieriste, insomma. E immagini devozionali solo canoniche. Sotto la censura della gerarchia religiosa incappò persino Caravaggio con i suoi soggetti sacri troppo terreni e popolani. Qui, invece ci sono Giove, Mercurio, Venere discinta, insomma un bel po’ dell’Olimpo greco. Boh!

Non è neanche escluso che il tronetto possa provenire come dono da un ambiente laico, come peraltro già avvenuto con il “pornografico” (sic!) cofanetto nuziale, trasformato solo successivamente in reliquario. Il prezioso manufatto inciso sulle placche con il giudizio di Paride ad opera di uno degli Embriachi, non oltre il 1430, è ora al Museo diocesano di Vallo.

La seconda perplessità attiene più squisitamente a motivi stilistici. Il coro ha una ornamentazione scultorea ricchissima e persino esuberante. Nei due ordini di stalli la decorazione zoomorfa a tutto tondo (serpi, galline, leoni, cani alati, volpi, draghi, eccetera, caricature di feudatari ed ecclesiastici) si alterna alle immagini sacre di S. Michele che trafigge il drago, la Vergine con il Bambino, il Cristo Risorto e S. Pietro. Nei lati interni un sole si contrappone alla luna, simbolo della vittoria della luce sulle tenebre.


Particolare del coro ligneo nella Chiesa dell'Annunziata
foto C. Trotta

La concezione di insieme e il repertorio figurativo rimandano clamorosamente alla classica tradizione tardogotica, soprattutto tedesca e francese che, per quanto se ne sa, è difficile attribuire alla cultura in definitiva paesana degli artigiani-artisti aquaresi. D’altronde anche nel coro, come nella cattedra, non mancano figurazioni, diciamo così, imbarazzanti, amazzoni e sirene ignude, difficilmente compatibili con la bigotta e conformista cultura posttridentina del barocco.

Se così fosse, se cioè il coro dovesse essere ascritto alla cultura del gotico tardo, la datazione dovrebbe essere portata indietro perlomeno di un secolo e mezzo. Ma nemmeno la Sovrintendenza ai Beni Culturali ha finora espresso una valutazione univoca. Sul coro ligneo di Laurino, come su quello ben più modesto di Petina la discussione continua.

Geronimo Consulmagno deve ancora aspettare per vedersi attribuire, con certezza, la paternità dell’opera d’arte che sarebbe il capolavoro della sua vita di artista. Anche se avrebbe scolpito in tardogotico quando quello stile era già tramontato da un pezzo. Ma nell’estrema periferia, come a Laurino, esecuzioni artistiche ritardatarie di correnti ormai sorpassate non sono infrequenti. Le novità stilistiche arrivavano tardi e duravano ancora quando a Napoli, capitale del regno e centro di irradiazione culturale, erano già morte e sepolte da tempo. E Laurino era il paese più aggiornato. Figuriamoci altrove!


Particolare del portale di Sant'Antonio


 

 

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