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Marcello Caracciolo
XIV Duca di Laurino
di Cosmo Schiavo

Sì, è proprio lui il distinto signore che si rivolge, tenendola amabilmente per mano, nientepopodimenoche a Gabrielle ‘Coco’ Chanel, l’eleganza fatta persona: Marcello Caracciolo, 14° Duca di Laurino, 15° di San Giovanni Rotondo, 13° di Flumeri, 9° Marchese di Grumo, Marchese di San Marco dei Cavoti, Patrizio napoletano, Cavaliere di Giustizia dell’Ordine Costantiniano di San Giorgio e Commendatore dell’Ordine del Santo Sepolcro.

Qui, invece, accompagna Alida Valli, di ritorno dai trionfi di Hollywood.


Di gran classe, il duca, e alla mano. Erano gli anni ’60 e lui mi educava a stare a tavola, a come rivolgermi ai clienti, l’amico oste Mimmo Cavicchia, dottore in giurisprudenza dopo una quarantina d’anni di studio. La taverna Flavia, un mito. Ranieri di Monaco, Frank Sinatra, Hitchcock, Veruska, la modella, considerata al tempo la donna più bella del mondo. Niente al confronto di Liz Taylor, l’amica che pasteggiava a tartufi e dom Perignon.

Aveva sposato a Parigi, nel 1920, ad appena 24 anni, una raffinata signora, Suzanne German de Ribon, da cui divorzierà presto. Dall’unione era nato, l’anno successivo, Gian Galeazzo, il 15 Duca di Laurino. Sposerà, poi, nel ’24, a Londra, Carla Benjuta, di pari classe.

Questo il suo mondo che lo avvolgeva fin dalla nascita, dalla belle époque, l’esaltazione del gusto spinta ai livelli estremi, dai quali non c’è ritorno. Uomo anche di gran cultura, ovviamente, eccentrico ed affascinante. Animo inquieto, questo sì. Quel ruolo di cavalier servente, che tuttavia gli piaceva un mondo, gli andava stretto.

Marcello, una scoperta umoristica di Camerini, era un autentico duca, squattrinato e molto avaro. Era stipendiato dalle varie produzioni per insegnare le buone maniere alle attrici: come sedere a tavola, come dare la mano, come vestirsi in questa o quell’altra occasione. La sua prima lezione riguardava l’astinenza nel cibo, avrebbe voluto vederci digiunare. Tutte le dive del tempo hanno preso lezioni da Caracciolo di Laurino, Maria Denis, Alida Valli, Mariella Lotti,io stessa. Ogni tanto, povero Marcello, cercava di toccarci il sedere, ma noi lo prendevamo a ridere e tutto finiva lì.

Forse ingrato il giudizio di Elsa De Giorgi, la diva del cinema anni ’30, il più bel seno del regime, insieme con quello di Clara Calamai. Sapeva come far sorridere le belle donne. Tutto qui!

Forse era un tantino diverso il nostro Duca. Iniziò con il muto, nel ’29, assistente di scena di Alessandro Blasetti in Sole. Tentò l’avventura di produttore nel ’37 con due film. Probabilmente dilapidò le ultime sostanze. Fu, poi, direttore di produzione, nel ’38; costumista, agli inizi degli anni ‘40 con Camerini; aiuto registra con Vittorio De Sica, Pietro Germi, Roberto Rossellini, Cesare Zavattini, in grandi capolavori. Spesso gli affidavano l’arredo delle scene. Conobbe raffinatissimi scrittori, anch’essi legati a quel mondo, Vitaliano Brancati, Ennio Flaiano, ma fu soprattutto circondato da uno stuolo di dee: Ingrid Bergman, Alida Valli, Anna Magnani, Paola Borboni, Anna Proclemer…

Marcello di Laurino, così appare nei titoli di molti film. Gli era, evidentemente, molto caro il lignaggio. Voglio sperare anche il nome.

Nel celebre Viaggio in Italia di Rossellini (1954), è associato alla regia insieme con Vladimiro Cecchi. In realtà assistants réalizateurs (aiuti registi) come nell’altro celebre L’amour est le plus fort, sempre del 1954.
Aveva compreso il grande regista che c’era qualcosa di diverso e di più in quell’uomo fedele. Ne aveva fiducia, gli era caro, gli era amico. Anche a Napoli, al S.Carlo, il 13 dicembre del 1952, era al suo fianco. Si rappresentava, con la sua regia, Otello di Giuseppe Verdi. Un usignolo nel ruolo di Desdemona, Renata Tebaldi.

Probabilmente ha anche collaborato, come designer, alla locandina di Stromboli.

Gli anni ’60 rappresentarono gli epigoni di un mondo oramai trascorso, un tempo non più suo. Bastava, tuttavia, la sua presenza, tra i caffè di Piazza del popolo e di Via Veneto, a camuffare il mito e a lenire i tuffi del cuore di speranze non a pieno realizzate. Lasciò quel mondo nel bel mezzo del decennio, il 1965.

Gian Galeazzo, il figliuolo, 15° duca di Laurino, non ebbe eredi maschi dalla sua travagliata vita matrimoniale, carica di ben due divorzi. Morì a Parigi nel 1989. Il titolo passò a don Vincenzo Caracciolo Spinelli Meoli, attuale 16° duca di Laurino.
Eh, sì, perché Don Marcello era anche uno Spinelli, un’antica casata nota fin dal XI secolo con Ugone Spinelli, crociato in Terrasanta. Provenivano da Genova. Furono grandi banchieri, soprattutto durante il corso del XVII secolo.

Troiano Spinelli, l’”ultimo” duca di Laurino (l’XI), prima che Giuseppe Buonaparte abolisse, nel 1806, la feudalità, aveva sposato, nel 1812, una Caracciolo, Donna Giovanna. Fu Cavaliere e Maggiordomo del re Ferdinando II e lo rappresentò nel governo della Sicilia; direttore, nel 1775, del Gabinetto Topografico del Regno; Sindaco di Napoli, dal 27/7/1930 al 31/12/1935, con generale  plauso.
Il nonno Troiano (1712-1777) fu un grand’uomo. Allievo di Gian Battista Vico e amico degli “illuminati” Ferdinando Galiani e Gaetano Filangieri, degli architetti Ferdinando Sanfelice e Luigi Vanvitelli (proprio quello della reggia di Caserta), di vasta cultura umanistica, su suo progetto fece restaurare il palazzo napoletano in via dei Tribunali. Fu legato strettamente alla Massoneria, molto probabilmente come “Maestro”.  Non male questi ultimi duchi “ufficiali” di Laurino!

Alla morte di Troiano, in mancanza di eredi diretti, successe il nipote Vincenzo fu Luigi, che divenne,cosi, in pectore, il XII Duca di Laurino. Cercò di arginare il vento rivoluzionario: Pruno era stata spartita tra i vari demani; sulle “difese” di Merende, Fornelli, Fontana della Spina, le Destre, Macchia di Ricciardo, Motola e Tempa, come ex feudatario, conservò solo il diritto di fida, di terraggio e delle colture decennali avviate.

L’unica figlia Donna Ottavia Caracciolo Spinelli (1865-1936), moglie del nobile Vincenzo Caracciolo di S.Vito, fu autorizzata ad assumerne i titoli per anticipata successione con diritto del consorte di usarli “ maritali nomine”. Fu la XIII Duchessa di Laurino, madre del nostro Marcello. La storia successiva è stata già narrata.


È una pagina poco nota della storia di Laurino, se non addirittura sconosciuta. Certo, Marcello Caracciolo ha poco a che fare con la storia del paese. Forse sarà venuto anche qualche volta a vedere i luoghi dei suoi progenitori. Una cosa, però, è certa: non ha mai abbandonato di associare il suo nome a quello del feudo dei propri avi. Era anche Duca di San Giovanni Rotondo e di Flumeri, ma volle essere soprattutto “di Laurino”. La scelta avrebbe meritato, perlomeno, la cittadinanza onoraria. Ci avrebbe portato, di sicuro, tanta bella gente, vanitoso qual era. Lo immaginate a Laurino, con Ingrid Bergman e Roberto Rossellini, che spunta su una fiammante decapottabile dalla curva di S.Sofia. Un film, come, del resto, tutta la sua vita. Ma cos’altro è la vita se non una rappresentazione del bello, che non tramonta mai.

Pensate, proiettare i “suoi” film nell’area del palazzo ducale, casomai collegati, in qualche modo, alle belle ed importanti iniziative degli ultimi anni.

Sentireste le trombe, i sassofoni, i clarinetti, i contrabbassi, il piano di Benny Goodman, Duke Ellington, Count Basie, Ella Fitzgerald, Artie Shaw… e poi  di Glenn Miller, Billie Holiday, Art Tatum, Charlie Parker (foto), fino alle profonde note divine di Louis Armstrong… e poi ancora ancora…
Sembrerebbe affacciarsi, beffardo e felice, il Duca dal porticato del palazzo in una magica notte di stelle.




Chanel n°5 - dimmi, Duca!- Anche quello un profumo svanito?
Éternel, mon cher ami, éternel!

 



 

 

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