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Ofelio Vecchio

FIAT 15 sulla via dello Scaravello
in una foto di Emilio "Arioppa" Durante



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In viaggio tra curve, briganti e parole
Lu Scaravieddu e ‘o sciaraballo
di Cosmo Schiavo

Come il rito mensile del purgante… sul far dell’alba: latte di magnesia Carlo Erba…’nu katu… corretto da qualche sorso di caffè d’orzo... Carlo Erba? No party! E non si… partiva davvero per l’Eldorado quel mese. Una cacarella continua… estenuante, per tutta la giornata. Black Macigno, Capitan Miki e Tex Willer possono esserne indiscutibili testimoni. Così andavano le cose, negli anni ’50, e andavano, andavano… credetemi!

Lu Scaravieddu… biscotti Doria, sul far dell’alba… per asciugare lo stomaco. Lu Scaraviedd!, Oddio! Lu Scaravieddu!

O l’auto di Pascale Marotta o lu pustale. Non c’era scelta. Preferivo il postale… per una certa libertà di movimento. Qualche niňo muccusu, qualche indio mescalero, un paio di professuri, madri nere e fiere che mi sembravano fotocopie dell’Addolorata. Troppo sofisticata l’auto di Pascale… effluvi di fromage podolico di alta (?) fattura.

Lu Scaravieddu, Maronna lu Scaravieddu! M’accuvava quando iniziava lu traggittu. Ma che te vuo’ accuvà! Si fermava nel bel mezzo della curva più ardua. Vuommeche e vusanteriu, a bbuluntà.

Chi si nascondeva sul retro, chi dietro una siepe, una distinta coppia s’inoltrava, a braccetto, addirittura nel bosco. Una scena d’Arcadia indigena di grande intensità… e dignità.

Il bosco! I briganti! Forse ci sono ancora i briganti - m’ammoniva mio padre per non farmi allontanare - … alle volte janare e pumbanari.

Si racconta ancora che nel 1860 la nostra vallata era il territorio di un gruppo di ferocissimi briganti. Il capo di questi briganti, che soggiornavano nelle grotte della Valle del Calore, nel bosco dello "Scaraviello" e nelle montagne, si chiamava Ferdinando il Bravo, che era, come dicono i racconti, una persona che sapeva leggere e scrivere e che nel suo limite cercava di costruire un piccolo stato del meridione. Lui provava a lavorare queste nostre terre per ricavarne prodotti agricoli per tutta la comunità, ma non solo, si racconta che toglieva ai ricchi per dare alle persone umili, sulle orme del più famoso brigante d'Inghilterra Robin Hood.

Si dice che organizzava, per festeggiare alcune ricorrenze, delle feste danzanti a cui partecipavano anche le persone della comunità di Castel San Lorenzo, e per questo era ben voluto da tutti. Si dice poi, che un sabato d'Agosto del 1860, con un caldo incredibile, la nostra vallata fu attraversata da una carrozza scortata da diversi cavalieri, che passando poi per la Calabria si sarebbe recata a Palermo. A bordo di questa carrozza c'era una bellissima donna Austriaca che si chiamava Arianna. Ferdinando seppe del passaggio della carrozza e decise di rapinarla, con i suoi briganti assalì la carrozza e mise fuori combattimento tutte le guardie che la scortavano, quando però andò per prendere le casse che contenevano oro e argento, nell'aprire lo sportello vide il volto impaurito ma bellissimo di questa donna austriaca, quasi all'istante se ne innamorò. La ospitò con tutti gli onori e dopo un po’ le chiese di rimanere per sempre in questa vallata. La giovane Arianna, sebbene attratta dalla sua vita di sempre, anch'essa innamorata di Ferdinando, decise di rimanere in questa terra sposando il suo brigante.

Ed io ad annusare gli effluvi del limone di Sorrento, impregnati di benzina fetente.
Eh, sì! Perché l’epopea iniziò con un FIAT 15 ter… 4 cilindri in linea, 4398 cm³ di cilindrata, velocità massima 40 Km. orari, prodotto dall’11 al ’20 e in servizio fino al ’40 (!)… quasi ‘nu sciaraballo su quella strada.

Ofelio Vecchio con un giovanissimo Angelo Infante
Baile Feria Mataderos

E pensare che i famosi “15” erano stati progettati come autocarri polifunzionali per trasporto di truppe e di materiale del regio esercito! Il “15” bis Libia (1911-’12) s’era ricoperto di gloria, di polvere e di sangue innocente nel giugno e nel luglio del ’12, in Libia, nella battaglia o, meglio, nel massacro di Zanzur.

Contro forze decisamente inferiori di numero e prive di artiglieria, schierammo questa formazione:19 battaglioni di fanteria, 1 compagnia di Guardia di Finanza, 1 compagnia di zappatori del genio, 8 squadroni, 4 batterie di montagna, 3 da campagna, 2 batterie da75, una sezione di mortai da 210. In totale: 14.000 uomini (compresi gli ascari della brigata di cavalleria del battaglione eritreo e gli uomini del marabutto Abdul Gelif, uno sceriffo, cioè discendente direttamente dal Profeta…un farabutto collaborazionista, direi), 13.494 fucili, 12 mitragliatrici, 50 cannoni…54 autocarri FIAT “ 15 ter” Libia, che, a 40 km. all’ora, trasportavano anche i feriti tra il fronte e le retrovie.

Il terreno era cosparso di cadaveri arabi passati alla baionetta: quasi 2.000 morti fra il “nemico”, 330 i nostri.
Si “coprirono di gloria” anche Armando Diaz e Pietro Badoglio… poi ebbero i destini che meritavano. Non avevamo neppure finito di seppellire i morti che iniziammo subito a costruire ferrovie. È cambiato poco con la Libia… affari, solo affari, in cambio di derelitti rimpatriati.
Poi lo vendemmo in mezzo mondo, ripulito… 20.000 esemplari prodotti!

Che s’ firai ‘i fa’ ‘u sciaraballo . E mò!… Che fine!… tra vuommeche e pisciazze… inta ‘a lu Scaravieddu.

Escarabajo, pardon… e scaravayo nello spagnolo antiguo, ancora oggi escarabalho in portoghese (vi risparmio ulteriori approfondimenti etimologici)… scarafaggio, insectos cléopteros e coprofagos… que vivem de excrementos de mamiferas herbivoras, appunto lo stercorario.

Il bosco Scaraviello è un’estesa cerreta lungo la sponda destra del fiume, tapezzata da un denso sottobosco di erica… l’intrico della vegetazione è interrotto qua e là da piccole radure e da esili vene d’acqua. E’ il regno del cinghiale, del picchio verde, della lontra, della valeriana, dell’equiseto, dei farfaracci, del carpino, dell’orniello, del frassino, dell’acero e delle roverelle, del georgico flessibile viburno , dell’alloro e del mirto, del lentisco, delle filline, del corbezzolo, della leopardiana ginestra, degli alaterni, del gigaro, della lingua cervina, della poiana, del falco pellegrino, dell’astore di guzziana memoria (una mitica moto Guzzi!), del gheppio… ma anche di barocche sontuose decorazioni escrementizie, dato l’olezzo che vi emanava.

Dunque lo Scaravello come luogo di intensa frequentazione di escarabalhos, forse sulle prime al plurale, come si ritrova nella genealogia delle famiglie Scaravelli.
Si riparte! Escarabalho, olé! Ponte Scaraviello, vallone Scaraviello, S. Benedetto, ponte Reale, S. Nicola, fornace S. Giovanni, vallone dei Granci… vallone dei Granci?… cangreio… escaravaho de Água, cioè gambero di fiume.
L’ho conosciuto nel vallone dei Granci, poi l’ho anche gustato, dopo essere ‘ncazzato inta lu sciume e aver sconsolatamente guardato quel mescalero di Pasquale Gigantiello che saltava di pietra in pietra da quello stambecco che, ahi lui!, era… ’mó tene ‘na panza…

Insomma, di terra o di fiume… Penso alla Carmen… Maronna mia!… Mario Merola nei panni di Escamillo… ’o sciaraballo… e i’ ca so’ ‘scise ‘a copp’o sciaraballo, senza cercà ‘o permesso, abballo i’ pure…

Escamillo, pardon, Escarabalho, olé!


Si ringrazia Cosmo Schiavo per l'articolo
La foto è di Arioppa, per gentile concessione di Bruno Durante

 

 

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